Giovanna Da Molin. Si tratta, nello specifico, di un’indagine che rientra in un progetto, ovvero il Patto Sociale di Genere della città di Bari, promosso da Legacoop Puglia, con la sua Commissione Pari Opportunità e Politiche di Genere, capofila in Ats con Confcooperative Puglia, C.I.R.P.A.S. e AIECS. La ricerca, come ha evidenziato la Da Molin, ha coinvolto un campione di 530 donne occupate della città di Bari, impiegate nei settori dell’istruzione, pubblica amministrazione, servizi sociali e sanità. Uno studio quanti e qualitativo di ricerca sociale che ha consentito di valutare i reali bisogni delle donne lavoratrici, spesso con figli a carico al di sotto dei tre anni o rappresentanti di, cosiddetti, nuclei mono-genitoriali. O, ancora, con disabili o anziani in cura. Le donne, ha spiegato la Da Molin, “chiedono asili nido, voucher di conciliazione, per baby sitter, per esempio, o contributi per servizi di cura, e, non da meno, un sistema di trasposto che consenta loro spostamenti facilitati e conciliativi per tempi e spazi di vita e lavoro”. Altro elemento: sportelli e servizi pubblici e commerciali aperti in orari serali o, comunque, festivi che non impongano gravi rinunce rispetto alle esigenza della famiglia o del lavoro. La ricerca è stata spunto prezioso per riflessioni più ampie. “Ha molto colpito – ha sottolineato la presidente della Commissione Po e Pg Legacoop Puglia, Flora Colamussi, intervenuta al seminario – il bisogno delle donne di avere più tempo libero, ovvero quello per la cura personale e dedicato al riposo. Risulta evidente la considerazione secondo cui il lavoro di cura non è un problema delle donne ma una responsabilità collettiva. Il carico di cura familiare – ha proseguito – è strettamente correlato al tema del modello di cittadinanza di genere e delle conciliazione vita-lavoro”. La Colamussi, inoltre, ha spiegato quanto la forma d’impresa cooperativa, in cui il lavoratore non produce per altri ma per se stesso, offre quel vantaggio di responsabilità verso il lavoro con forme organizzative di sicuro più flessibili. “Un sistema di certo auspicato dalle donne, con flessibilità oraria, lavoro a domicilio o telelavoro, job sharing, lavoro di prossimità, che possono trasformare e qualificare la vita sociale delle donne e degli uomini”. Sono gli stessi obiettivi del Piano Territoriale dei Tempi e degli Spazi di Bari (PTTS, nel quale rientra lo stesso Patto sociale di genere), “nel quale molti bisogni trovano risposta”. Il Patto Sociale di Genere di Bari, nel corso di due anni, ha già portato risultati rilevanti, in tema di costruzione di buone pratiche per la conciliazione vita-lavoro , soprattutto delle donne madri e/o lavoratrici. “Grazie a questo progetto – ha esordito l’assessore al Welfare del comune di Bari Ludovico Abbaticchio, nel corso del suo intervento di apertura – l’amministrazione barese ha dato il via ai lavori per la Consulta per il benessere e la salute delle donne”. Uno strumento consultivo e di rappresentanza, dunque, che renderà ancora più forte quel legame tra istituzioni e terzo settore, università, mondo delle piccole e medie imprese, come ha sottolineato Abbaticchio. “Il mondo cooperativo – ha precisato il presidente Legacoop Puglia, intervenendo al seminario – può rispondere a quei bisogni e a quelle esigenze che le donne di una città hanno. Per esempio, può garantire sevizi di asili nido in ore extra rispetto a quelle servite dalle strutture pubbliche e con costi contenuti”. Come sta accadendo con il Patto sociale di Genere, serve il contributo delle amministrazioni pubbliche. “I bisogni delle donne sono i bisogni della famiglia e, quindi, di tutte le persone”. Nel corso nel seminario è intervenuta, tra gli altri, anche la consigliera di Parità regionale, Serenella Molendini, in rappresentanza di un organo tecnico a supporto di politiche di genere, in sinergia con l’assessorato del Lavoro della Regione Puglia. Nonché importante interlocutrice, sin dagli esordi, per l’attuazione del Patto Sociale di Genere della città di Bari.]]>
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