Ken Loach (non si ha notizia, difatti, di iniziative analoghe da parte di registi italiani presenti al Festival di Torino) che, per solidarietà ai lavoratori licenziati dal Museo del Cinema, ha rifiutato il premio alla carriera, coerentemente ai suoi ideali “operaisti”. Autore di numerosi capolavori, la cui gran parte riguardanti tematiche sociali – in particolare, i diritti dei lavoratori subordinati – (su tutti, Riff Raff, Bread and Roses, In questo mondo libero), il regista inglese ha rifiutato di ritirare il premio “Gran Premio Torino”, assegnato ai cineasti che hanno contribuito al rinnovamento del linguaggio cinematografico contemporaneo, motivando la scelta come deciso dissenso nei confronti della politica di gestione del lavoro del Museo del Cinema (partner principale del Festival del Cinema di Torino). L’ente, nello specifico, ha provveduto a esternalizzare a una società cooperativa (la torinese Rear) diversi servizi, licenziando numerosi dipendenti in ottica di riduzione del costo del lavoro. Questa denuncia non può che portare a diverse considerazioni. Per quanto ci consta, emerge ancora una volta la “fastidiosissima circostanza per cui spesso cooperazione fa rima con risparmio dei costi, ossia, sfruttamento del lavoro: non si capisce, difatti, perché mai affidare lavori a un’azienda, costituita con la forma giuridica cooperativa, debba tradursi in minori costi del lavoro”, come sottolinea il responsabile Ufficio Legislazione e Lavoro di Legacoop Puglia, Massimiliano Maggio. Probabilmente perché, nella fattispecie denunciata da Loach, la cooperativa affidataria dei servizi esternalizzati è tutto  fuorché una cooperativa pulita, e considera la forma giuridica “società cooperativa” sinonimo di risparmio erariale anziché mutualità o come semplice contenitore per fare business a basso costo, sfruttando il lavoro subordinato. Sono questi i fenomeni che la Lega delle Cooperative intende combattere, “per la dignità dei lavoratori e per il buon nome di tutto il movimento cooperativo che, ripeteremo fino allo sfinimento, deve fare rima con tutela dei lavoratori, pari dignità tra essi, mutualità. D’altra parte, riflettendoci, chi meglio di un artista inglese, pregno dei valori di Rochdale, poteva fornirci questo assist?”. Di seguito il comunicato del regista Ken Loach: “È con grande dispiacere che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film Festival, un premio che sarei stato onorato di ricevere, per me e per tutti coloro che hanno lavorato ai nostri film. I festival hanno l’importante funzione di promuovere la cinematografia europea e mondiale e Torino ha un’eccellente reputazione, avendo contribuito in modo evidente a stimolare l’amore e la passione per il cinema. Tuttavia c’è un grave problema, ossia la questione dell’esternalizzazione dei servizi che vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi. Come sempre, il motivo è il risparmio di denaro e la ditta che ottiene l’appalto riduce di conseguenza i salari e taglia il personale. È una ricetta destinata ad alimentare i conflitti. Il fatto che ciò avvenga in tutta Europa non rende questa pratica accettabile. “A Torino sono stati esternalizzati alla Cooperativa Rear i servizi di pulizia e sicurezza del Museo Nazionale del Cinema (MNC). Dopo un taglio degli stipendi i lavoratori hanno denunciato intimidazioni e maltrattamenti. Diverse persone sono state licenziate. I lavoratori più malpagati, quelli più vulnerabili, hanno quindi perso il posto di lavoro per essersi opposti a un taglio salariale. Ovviamente è difficile per noi districarci tra i dettagli di una disputa che si svolge in un altro Paese, con pratiche lavorative diverse dalle nostre, ma ciò non significa che i principi non siano chiari. In questa situazione, l’organizzazione che appalta i servizi non può chiudere gli occhi, ma deve assumersi la responsabilità delle persone che lavorano per lei, anche se queste sono impiegate da una ditta esterna. Mi aspetterei che il Museo, in questo caso, dialogasse con i lavoratori e i loro sindacati, garantisse la riassunzione dei lavoratori licenziati e ripensasse la propria politica di esternalizzazione. Non è giusto che i più poveri debbano pagare il prezzo di una crisi economica di cui non sono responsabili. Abbiamo realizzato un film dedicato proprio a questo argomento, ‘Bread and Roses’. Come potrei non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti? Accettare il premio e limitarmi a qualche commento critico sarebbe un comportamento debole e ipocrita. Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni. Per questo motivo, seppure con grande tristezza, mi trovo costretto a rifiutare il premio.]]>